Acquaticità ed emozioni: quando immergersi diventa un gesto di cura
“L’acqua è il principio di tutte le cose.”
Talete da Mileto
Fin dalle origini della nostra esistenza, l’acqua è la nostra prima casa.
Nel grembo materno viviamo immersi in un fluido che ci nutre, ci contiene e ci protegge. È lì che impariamo, attraverso il corpo, cosa significa essere accolti, sostenuti e connessi a qualcosa di più grande.
L’acqua rappresenta dunque la nostra memoria più antica, quella in cui corpo ed emozione si incontrano per la prima volta.
È nell’acqua che sperimentiamo le prime sensazioni,
è nell’acqua che nascono le prime emozioni,
è nell’acqua che comincia la relazione con il mondo.
Il potere simbolico dell’immersione
Entrare in acqua non è mai un semplice gesto fisico.
È un’esperienza simbolica e profonda che ci riporta a contatto con le nostre radici più autentiche.
L’acqua ci accoglie, ci sostiene, ma ci invita anche a lasciarci andare.
Nel momento in cui ci immergiamo, ci affidiamo.
Il corpo si ammorbidisce, il respiro si calma, i pensieri rallentano.
È come se il fluido ci permettesse di ritrovare il ritmo naturale del nostro essere, quello che spesso perdiamo nelle tensioni quotidiane.
Toccare il fondo per risalire
Nel linguaggio simbolico-esperienziale, immergersi significa incontrare la propria profondità.
Non è un gesto di fuga, ma di presenza.
Significa accogliere anche le parti di noi più sommerse: le fragilità, le paure, i bisogni che spesso non trovano parole.
E quando tocchiamo il fondo, possiamo trovare la spinta per risalire.
L’acqua ci accompagna naturalmente verso la superficie, ci sostiene nel movimento, ci insegna che il fluire è la via per la rinascita.
Ogni immersione, in questo senso, diventa un atto di fiducia: nel corpo, nella vita, nella possibilità del cambiamento.
Quando l’acqua diventa cura
Nella prospettiva sistemico-relazionale, ogni esperienza emotiva prende forma all’interno di una rete di legami.
L’acqua, simbolicamente, rappresenta proprio questo: la matrice delle connessioni, il luogo dove tutto è in relazione e dove ogni cosa si trasforma.
Quando ci sentiamo stanchi, confusi o sopraffatti, immergerci nell’acqua può essere un modo per tornare a noi stessi.
Un gesto semplice, ma profondamente terapeutico: ci permette di ritrovare centratura, contatto e respiro.
L’acqua diventa allora un luogo simbolico di cura, dove corpo, emozione e mente possono tornare a dialogare.
Immergersi è salvifico
Non perché cancelli il dolore, ma perché ci insegna a stare con ciò che sentiamo.
A fluire invece che resistere.
A scendere per poter poi risalire, più leggeri e consapevoli.
Ogni immersione può essere letta come una piccola rinascita:
un momento in cui possiamo ritrovare la connessione con la parte più viva e profonda di noi stessi — e, da lì, riaprirci alla relazione con l’altro e con la vita.
Immergersi è salvifico.
Perché ci ricorda che, come l’acqua, anche noi possiamo scorrere, trasformarci e rinascere.
Un gesto semplice, un atto simbolico, un ritorno al principio.
L’acqua ci accoglie, ci contiene e ci insegna a vivere con leggerezza il movimento della vita.

Sono la Dottoressa Francesca Galletti, Psicologa e Psicoterapeuta Familiare.
Nella mia attività di psicologa svolgo un servizio di consulenza psicologica e psicoterapia per adulti, coppie e famiglie.
